Di Don Fernando Primerano
«La speranza non delude» (Rm 5,5): con questa affermazione tratta dalla lettera di San Paolo ai Romani, Papa Francesco ha aperto la Bolla di indizione del Giubileo, inaugurato il 24 dicembre, che ha come motto “Pellegrini di speranza”.
Radicata nella fede, splende nella carità
La speranza è una delle tre virtù teologali: fonda le sue radici nella fede e risplende nella carità.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 1817 la definisce così: «La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei Cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo».
La speranza teologale non è fortuna o semplice ottimismo. Essa è dono di Dio, è vita concreta e infonde gioia e serenità anche nelle prove della vita.
L’autore della Lettera agli Ebrei afferma in modo tanto sintetico quanto profondo: «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» (Eb 11,1).
La fede aiuta a credere in Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, misericordioso e pietoso, che condivide l’umana esistenza e la unisce alla sua. Inoltre, fa sentire ogni battezzato membro attivo del Corpo di Cristo che è la sua Chiesa.
La speranza è il moto nella fede verso la carità, mantiene il cristiano ancorato alla meta indicata da Gesù: “La mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (cfr. Gv 15,11).

L’ancora e la fiaccola
Nell’arte viene normalmente raffigurata come una donna, l’umanità e la Chiesa, che guarda verso Dio e ha un’ancora, la fede, che le dà solidità e sicurezza.
La speranza infonde coraggio per continuare a credere e ad amare in un mondo complesso e spesso violento, con fragilità anche interne alla comunità ecclesiale, ma nel quale Dio non cessa di credere. La speranza non ha paura delle acque agitate, ma incoraggia a crescere nell’amore.
Papa Francesco nella lettera inviata a Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (l’11 febbraio 2022, memoria della Madonna di Lourdes) in vista del Giubileo del 2025 scriveva così:
«Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante. Il prossimo Giubileo potrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza. Per questo ho scelto il motto “Pellegrini di speranza”. Tutto ciò però sarà possibile se saremo capaci di recuperare il senso di fraternità universale, se non chiuderemo gli occhi davanti al dramma della povertà dilagante che impedisce a milioni di uomini, donne, giovani e bambini di vivere in maniera degna di esseri umani. Penso specialmente ai tanti profughi costretti ad abbandonare le loro terre. Le voci dei poveri siano ascoltate…».
Pellegrini di speranza, dunque! Figli di Dio che non perdono di vista la meta che è la Gloria in Cristo Gesù. Pellegrini, anche perché segni di speranza pronti a perdonare, accogliere, visitare, curare… a far risplendere la speranza là dove sembra non essercene.
Le sue amiche: pazienza e perseveranza
La speranza è una virtù, quindi richiede impegno, ma come farla crescere? Dio si è rivelato come un dono da accogliere e da custodire. Non è un padrone da convincere!A ogni cristiano è chiesta pertanto la perseveranza nel lasciarsi incontrare da Cristo Signore. Si cresce nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, nella frequenza ai sacramenti, in particolare quello del perdono. Ogni persona più si sente amata, più diventa simile all’Amore.Chi sente speranza agisce? Sì! Ogni gesto d’amore compiuto per fede fa assaporare il gusto del Paradiso e fa crescere nel desiderio di amare ancora di più. Questo è il profumo che lascia la speranza.Amiche della speranza sono la pazienza e la perseveranza.Nella Bolla d’indizione del Giubileo al n. 24 Francesco indica la Madre di Gesù come immagine viva della speranza: «La speranza trova nella Madre di Dio la più alta testimone. In Lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita… Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come Stella maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare».Alla Madonna della Guardia volgiamo lo sguardo sereni e confidiamo in lei che è “vita dolcezza e speranza nostra”.